Joker
- Luca Bartolacelli

- 17 giu 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Sono cresciuto sfogliando pagine di fumetti.
Ero molto affezionato all’Uomo Ragno. La figura del supereroe ti entra facilmente in circolo tra le vene. Soprattutto quelle semplici, dove un tranquillo individuo un po’ sfigato ed emarginato assume un potere enorme e ne fa lo scopo della sua vita per combattere il male. Spiderman in più era un giovane ragazzino ed il gioco di immedesimarsi in lui era stato semplice e naturale.
Poi gli anni passano, i fumetti finiscono in uno scatolone in garage. Lo scatolone poi finisce in discarica per sbaglio (grazie papà, piango ancora) e in un attimo ti ritrovi adulto. I superpoteri cambiano ora di casa e lo svegliarti ogni mattina alle sei ti fa sentire un po’parte di quel mondo di eroi.
Ma c’è una storia che negli anni in cui sono cresciuto mi ha affascinato sempre di più: il mondo di Batman e di conseguenza, quello meno conosciuto del suo acerrimo nemico.
Scrivo questo pezzo perché appena uscito dalla proiezione del film Joker di Todd Phillips.
Dire che mi è piaciuto è riduttivo. Ma è del senso di rabbia e angoscia che ti lascia dentro che vorrei parlare.
Il Joker è uno di noi. Un uomo solo, emarginato dalla società. Deriso per l’umile lavoro che cerca di fare con impegno, il clown per qualche svendita promozionale o per il reparto infantile ospedaliero. Con il sogno di fare il comico in TV, bloccato però da un disturbo che gli impedisce di parlare quando è sotto pressione e che crea in lui risate incontrollate. Una madre anziana da accudire in un quartiere degradato e dentro un appartamento buio e sudicio. Un padre che è un fantasma da sempre, la dipendenza da psicofarmaci e i servizi sociali che fingono di ascoltare i suoi problemi una volta alla settimana. Le botte prese per strada, il licenziamento ingiusto, una storia d’amore con la sua vicina che si svolge solo dentro la sua testa. Poi la goccia che fa traboccare il vaso: la comunicazione dalla sua psicologa che, a causa di una mancanza di fondi, i suoi incontri terapeutici e soprattutto la fornitura di medicinali si interromperanno immediatamente.
Cosa produce allora una società che abbandona per strada gli ultimi vagoni del suo treno?
Che non ascolta le urla di aiuto?
Che tagli i ponti con gli individui già emarginati di questo mondo?
Produce mostri. Produce esseri determinati alla vendetta, alla violenza. Pericolosi perché senza niente da perdere. Assassini che non sono nati tali, ma creati, trasformati da chi ha preferito schiacciare il debole invece di aiutarlo.
La genesi del Joker è la sconfitta del nostro tempo. L’abbandono totale da parte delle istituzioni. La salute mentale di un individuo non tutelata e non curata. Una persona invisibile al mondo che oppresso dal peso della sua vita decide di salire sul palcoscenico e attirare la sua attenzione con il sangue.
I fumetti sono un’enfatizzazione della realtà e normalmente hanno un lieto fine, il buono vince e veglia sulle notti serene della brava gente.
Ma questo film, questa storia ha reso confuso il confine tra bene e male, tra vittima e carnefice.
Siamo il prodotto di quello che decidiamo di essere ogni giorno, per noi è per chi ci sta intorno.
Oggi forse Batman ed eroi.
Domani forse Joker e mostri.
Curiamo quei confini.
L. B.





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